/ Eventi

Che tempo fa

Accadeva un anno fa

Eventi | 08 aprile 2025, 16:00

Il pianista Andrea Jermini protagonista al LAC con il Quartetto Rilke: "Due composizioni che pur essendo molto diverse si uniscono in una sorta di dialogo musicale"

In occasione dell'evento pre-Festival Ticino Musica 2025, concerto domenica 13 aprile alle ore 11 a Lugano.

Il Quartetto Rilke e il M° Andrea Jermini

Il Quartetto Rilke e il M° Andrea Jermini

Un pianista ticinese dalle grandissime doti apprezzato per la sua sensibilità interpretativa e per il virtuosismo con cui affronta il repertorio solistico e cameristico. Questo è l'identikit del M° Andrea Jermini, protagonista insieme al Quartetto Rilke al LAC, in occasione dell'evento pre-Festival Ticino Musica 2025 in programma domenica 13 aprile alle ore 11 a Lugano.

Il talento di Andrea Jermini

Dopo essersi formato al Conservatorio della Svizzera Italiana, il M° Jermini, ha proseguito i suoi studi al Koninklijk Conservatorium di Gent e alla Haute École de Musique di Ginevra, collaborando con maestri di fama internazionale e distinguendosi per il suo talento. In vista del concerto al LAC lo abbiamo raggiunto.

Maestro Jermini, come è nata la collaborazione con il quartetto Rilke per questo concerto? "La collaborazione con il Quartetto Rilke è nata all’interno di un bellissimo momento di confronto con Gabor e Alessia. Durante una conversazione spontanea, abbiamo iniziato a immaginare insieme un evento pre-festival che potesse valorizzare il sinfonismo in una veste cameristica — portando una scrittura orchestrale nella hall del LAC, pur in assenza di un’orchestra. È stato in quel contesto creativo che ho pensato al Quintetto per pianoforte e archi di Dvořák: un’opera che, con la sua scrittura ampia e maestosa ma anche intima, riesce a trasmettere un respiro sinfonico in formato da camera. Sapere poi che il Quartetto Rilke - giovane quartetto pluripremiato ed attivo internazionalmente  - sarebbe stato ensemble in residence ha rappresentato il tassello perfetto per dare concretezza al progetto. Incontrare e lavorare intensamente, nelle ultime settimane, con quattro musiciste curiose, piene di energia e desiderose di approfondire è stato davvero un regalo: suonare con loro è una vera gioia. Ticino Musica ha sempre avuto uno sguardo attento verso i musicisti ticinesi attivi fuori cantone o all’estero – come nel mio caso. Attualmente vivo a Ginevra, dopo due anni trascorsi in Belgio. Tornare a suonare in Ticino, in un contesto così vivo e condiviso, è sempre speciale".

Ci sono aspetti particolari del loro approccio musicale che ha trovato particolarmente stimolanti? "Quello che mi colpisce di più nel loro approccio musicale è la loro straordinaria capacità di "costruire" in ogni aspetto dell’esecuzione: costruiscono fraseggi, crescendi, diminuendi e modulazioni con una precisione e una consapevolezza impressionante. Non è solo un atto tecnico, ma un’arte nel senso più profondo del termine: quella di edificare qualcosa di solido, coeso e ricco di senso. La cosa più affascinante è che, pur affrontando questo atto di costruzione con una forza incredibile, riescono a mantenere una sensibilità autentica. Hanno trovato un perfetto equilibrio tra la potenza della struttura musicale e la leggerezza della poesia, riuscendo a far convivere entrambi gli aspetti senza mai rinunciare a uno. La loro capacità di farlo insieme, come un gruppo solido e unito, senza mai perdere la propria individualità, è ciò che rende la loro musica tanto speciale".

Può raccontarci la scelta del repertorio per questo concerto al LAC di Lugano domenica mattina? "Il programma di questo concerto è stato pensato per esplorare due composizioni che, pur essendo molto diverse, si uniscono in una sorta di dialogo musicale. Il Quintetto per pianoforte e archi di Dvořák, con la sua scrittura ampia e sinfonica, nonostante l'assenza di un'orchestra, porta una grande profondità emotiva. Accanto a questo, il Langsamer Satzdi Weber, che presenta un carattere più intimo e riflessivo, crea un contrasto interessante. Insieme, questi brani offrono un equilibrio tra maestosità e delicatezza, facendo emergere diverse sfumature emotive".

Qual è il valore di un festival come Ticino Musica per la scena musicale e per gli artisti coinvolti? "Educare e divulgare la musica classica ad altissimo livello: sono questi due degli aspetti che rendono Ticino Musica, a mio avviso, il festival di musica classica più importante del Canton Ticino. Da anni, questo evento coltiva un legame autentico con il territorio, portando musicisti, insegnanti e giovani talenti da tutta Europa – e da tutto il mondo – a vivere un’esperienza intensa e formativa, nel cuore del nostro cantone. In quanto pianista cresciuto in Ticino, non posso che essere profondamente grato: Ticino Musica rappresenta un’opportunità unica per studiare e confrontarsi direttamente con protagonisti della scena internazionale, a chilometro zero. Il valore di questo festival si misura anche nella sua capacità di portare la musica tra la gente: nelle piazze, nei paesi, nelle menti e nei cuori dei ticinesi. Con un fitto calendario di concerti estivi, produzioni operistiche e iniziative pre-festival, Ticino Musica contribuisce a rendere la musica classica parte viva e vibrante della nostra comunità. Non resta che dire: grazie Alessia, grazie Gabor, e grazie a tutti coloro – privati, enti pubblici, politici, istituzioni – che ogni anno rendono possibile questo meraviglioso progetto".

La sua carriera l’ha portata a collaborare con moltissimi musicisti: c’è un aneddoto o un momento speciale che vuole condividere con noi? "Un momento che ricordo con particolare affetto è accaduto durante una lezione con Polina Leschenko su Mozart. A un certo punto, la dinamica tra insegnante e allievo si è sospesa, e ci siamo ritrovati a suonare insieme, quasi senza pensarci. È stato un momento incredibilmente bello, spontaneo e intimo, che mi è rimasto nel cuore. La musica, in quel momento, ha creato un legame naturale e autentico tra noi, un esempio perfetto di come la musica possa unire le persone in modo inaspettato".

Secondo lei, qual è l'elemento più magico dell’esibizione dal vivo e che cosa spera di trasmettere al pubblico con questo concerto? "Indubbiamente, c'è un elemento catartico nell'esibizione dal vivo. Personalmente, credo che non sia un caso che la musica, nel nostro immaginario collettivo, sia nata e fiorita in ambienti ecclesiastici, come osservava anche Claudio Arrau, quando parlava del "subconscio collettivo" come unione di tutte le esperienze emotive del passato, degli eroi mitologici, delle divinità. Questo contesto musicale porta con sé una sospensione del tempo e dello spazio. In un certo senso, è come il paradiso teologico: un luogo sospeso fuori dal tempo, pacifico e favorevole. Mi auguro che con questo concerto riusciamo a offrire al pubblico una pausa dalla frenesia e dall'abbondanza di stimoli che caratterizzano il nostro secolo".

C’è un sogno musicale che vorrebbe ancora realizzare? "Sì, certamente. Studiare uno strumento è già di per sé un’esperienza totalizzante: è catartica, perché ogni giorno ti mette di fronte a uno specchio interiore. Ti spinge a cercare una verità, una coerenza tra ciò che sei e ciò che esprimi, attraverso una forma d’arte. C’è anche tutta una dimensione più artigianale, fisica, fatta di tattilità, di virtuosismo, che riempie la giornata in modo molto concreto. Ma se penso a un sogno che vorrei ancora realizzare, è quello di riprendere a comporre. Non solo interpretare, ma creare un’opera che nasca dalla mia visione del mondo, dalla mia sensibilità. Comporre significa, per me, prendere forma — dare forma ai propri peccati, alle proprie passioni, ai propri pensieri. È il contrario dell’interpretazione, dove si cerca di essere trasparenti, quasi amorfi, per servire l’opera. Nella composizione, invece, si assume una forma, si afferma qualcosa di sé. Ed è questo un sogno che mi accompagna da sempre".

Ha progetti futuri che può anticiparci? "Sì, ho alcuni progetti a cui tengo molto. Uno dei miei sogni più imminenti è registrare il mio primo disco, che mi permetterebbe di esplorare e presentarmi sotto diverse sfaccettature, sia interpretative che artistiche. Un altro progetto a cui sono particolarmente legato nasce dal workshop del prestigioso Concours de Genève: si tratta di un dialogo tra La Winterreise di Schubert e Il fondo del sacco di Plinio Martini. Entrambe le opere condividono temi comuni e uno stile narrativo che, attraverso la sensibilità, amplifica la percezione della fragilità umana. Hanno qualcosa di sproporzionato e struggente che mi tocca profondamente. L’idea, sviluppata insieme a professionisti del settore durante il workshop, è di portare questo progetto in concerto, prima a Cavergno — luogo di origine di Martini — e poi negli Stati Uniti, seguendo le tracce di Gori, il protagonista del romanzo".

R.A.

TI RICORDI COSA È SUCCESSO L’ANNO SCORSO A MARZO?
Ascolta il podcast con le notizie da non dimenticare

Ascolta "Un anno di notizie da non dimenticare 2024" su Spreaker.
Prima Pagina|Archivio|Redazione|Invia un Comunicato Stampa|Pubblicità|Scrivi al Direttore