(Adnkronos) - Il presidente del Comitato Militare della Nato, l’ammiraglio italiano Giuseppe Cavo Dragone, interviene a una conferenza in Senato dopo tre mesi dal suo insediamento, sottolineando l'importanza cruciale dell'Alleanza Atlantica come garanzia della sicurezza europea. Nel suo discorso, che l’Adnkronos pubblica nella sua versione integrale, evidenzia come la guerra in Ucraina abbia profondamente cambiato la percezione della sicurezza in Europa, mostrando l'urgenza di rafforzare le capacità difensive per affrontare minacce concrete e immediate, tra cui quella dell’asse formato da Russia, Cina, Corea del Nord e Iran. Rivela un dato notevole: del disimpegno degli Stati Uniti di cui si parla molto, al momento non c’è traccia nell’attività della Nato. Conclude sottolineando che, sebbene il futuro resti incerto, il multilateralismo e la coesione atlantica rimangono strumenti indispensabili per affrontare le sfide globali.
“Desidero ringraziare il Presidente Gasparri e gli organizzatori per l'invito all'evento di oggi (FOTOGALLERY) che mi offre la possibilità di partecipare a questo stimolante momento di riflessione, dopo tre mesi dall'assunzione del mio incarico quale Presidente del Comitato Militare della Nato.
La mia intenzione è di contribuire con qualche spunto ispirato dalla mia storia professionale e dalla mia attuale esperienza alla Nato. Quella che si vive a Bruxelles è una fase di straordinario interesse, al crocevia di accadimenti internazionali di grande portata, che sfrecciano davanti ai nostri occhi con accelerazioni incredibili, cambi di direzione improvvisi, frenate brusche.
Sorge spontanea una domanda: stiamo assistendo ad un mondo in rapida evoluzione oppure ad una realtà che sta solo tentando di stabilizzarsi? In altre parole, a mio parere, lo scenario internazionale oscilla fra due prospettive: il Gattopardo di Tomasi: "se vogliamo che tutto rimanga com'è, bisogna che tutto cambi"; oppure, il pensiero di Alcide De Gasperi di un mondo proteso verso traguardi ambiziosi e l'Europa immaginata come "un appuntamento con la storia, un nuovo paradigma per l'avvenire del mondo, la sicurezza, la pace".
Non sappiamo ancora dove il pendolo della Storia interromperà le sue oscillazioni. Ma è sempre importante ribadire alcuni elementi fattuali anche per evitare che il proliferare di narrative e strategie di disinformazione - diffuse dai nostri avversari in tutti i Paesi del perimetro occidentale - ne possano alterare la sostanza e la fondatezza obiettiva. La democrazia e la libertà sono valori per nulla acquisiti e per i quali dobbiamo combattere senza riserve.
Non possiamo più pensare che qualcuno possa farlo al nostro posto. L'Alleanza atlantica è il nostro vero Scudo. In 75 anni di Storia non un centimetro di territorio Nato è andato perso. Il perimetro della convivenza civile e dei valori democratici si è progressivamente ampliato e - oggi - circa 1 miliardo di persone vivono e prosperano nell'ecosistema atlantico, dove la libertà è l'ossigeno irrinunciabile. Una storia indiscussa di successi: nessuno pensa di uscire dal perimetro dell'Alleanza, mentre tanti aspirano a farne parte. Da parte sua, l'Europa rimane un pilastro della sicurezza atlantica.
Gli Stati europei membri della Nato (30 su 32) partecipano, tutti, attivamente e senza riserve, a presidiare l'Atlantico e l'Artico, il Fianco Est e quello Sud dell'Alleanza. La coesione della Nato è un bene prezioso che va salvaguardato ad ogni costo. La Russia ha invaso l'Ucraina tre anni fa. Ad oggi le due parti sono impegnate in una guerra di logoramento che ha imposto costi inaccettabili in termini di feriti e perdite di vite umane e, in particolare in Ucraina, determinato vaste distruzioni di centri abitati, infrastrutture civili e militari. Il diritto umanitario internazionale, che costituiva una delle poche garanzie e un valore autentico per un militare della mia formazione, è in piena crisi. Mentre oggi, come sapete, diversi Paesi si vedono costretti ad azioni impensabili, come - ad esempio - rivalutare la propria adesione alla Convenzione di Ottawa sul bando delle mine antiuomo. L'esigenza di investire nella Difesa è oggi una scelta doverosa e obbligata.
La ragione principale non va cercata nelle tante discussioni sulla possibilità di un disimpegno degli Stati Uniti, di cui - vi posso assicurare - non vi è alcuna traccia nella pianificazione della Nato. La necessità deriva invece da valutazioni di natura squisitamente militare: la guerra in Ucraina ci ha insegnato che in Europa dobbiamo rapidamente attrezzarci ad uno scenario di guerra simmetrica convenzionale, se non vogliamo trovarci impreparati di fronte a scenari non più così impensabili, violenti, e diretti, come accade in Ucraina, verso i centri abitati, infrastrutture e popolazioni civili.
La guerra è per sua natura cinica e violenta, lo sappiamo. Da militare vi posso dire che qualunque pianificazione strategica è tanto più efficace quanto più concentra la massima forza d'urto su uno specifico punto di fragilità dell'avversario. Se - come sta accadendo nello scenario ucraino - la guerra travolge ogni etica e consuetudine, abbiamo di fronte un'aggressione barbarica. La realtà è per noi molto semplice: dobbiamo colmare al meglio le lacune accumulate in anni di contenimento delle spese militari. Rimanere così esposti sarebbe un errore imperdonabile. I primi a pagarne il prezzo sarebbero i nostri figli, i nostri concittadini. In Ucraina, i nostri avversari hanno tolto ogni illusione su cosa siano capaci di fare.
Vorrei provare, assieme a voi, a riflettere su alcuni aspetti di sostanza che hanno colto la mia attenzione dalla prospettiva di Bruxelles. Il primo è quello che io definisco l'insicurezza percepita o, più semplicemente, la paura di essere aggrediti e di non potersi difendere, che ha raggiunto livelli elevatissimi, soprattutto nei Paesi alleati lungo il confine orientale della Nato. È un dato che ho percepito in tante circostanze e visite negli ultimi tre mesi. La guerra in Ucraina ne è stata la principale cinghia di propagazione a livello globale. Sull'altro versante, anche la Russia ha ben compreso che nulla è scontato quando si comincia una guerra di aggressione e che occorre prepararsi a sostenere sacrifici ritenuti insostenibili nel lungo periodo, anche per la propria stabilità.
L'impatto della guerra in Ucraina sulla psicologia collettiva è stato profondo. Stiamo sensibilizzando i cittadini al tema della cultura della sicurezza anche nella quotidianità; una iniziativa che appena alcuni anni fa sarebbe stata considerata inopportuna, se non addirittura eversiva. La guerra, da realtà lontana e astratta, si è via via imposta come una minaccia ai nostri confini e, oggi, si va proponendo come una presenza inquietante nelle nostre case. L'insicurezza percepita è all'origine di un apparente paradosso: mentre si aprono i negoziati per la pace in Ucraina, si prospetta una sovrapposizione degli interessi di potenza di Stati Uniti e Russia in Europa, nell'Artico e in Medio Oriente.
Oggi, possiamo sperare in una fase di distensione sul piano internazionale, ma nella realtà è in atto una corsa al riarmo senza precedenti, che non riguarda solo l'Europa, ma anche i principali attori internazionali, dalla Cina all'India al Medio Oriente. Se sarà vera pace in Ucraina lo capiremo dunque dal ridursi dell'insicurezza percepita, che è una pessima consigliera, e dal diffondersi di un clima di distensione, che appare al momento non a portata di mano.
In visita in Giappone nei giorni scorsi, il Segretario Generale della Nato ha confermato che l'asse fra Russia, Cina, Corea del Nord e Iran è vivo, vegeto e paurosamente incombente. I presupposti della nostra insicurezza sono sempre presenti e non potrebbe essere diversamente. Ma, la percezione della minaccia non si limita al settore militare, ma si estende anche a quello economico.
Questi Paesi, nell'ambito del legame Brics, assieme ad altri Paesi, sono impegnati per creare un sistema economico e finanziario antagonista a quello occidentale e, in particolare, degli Stati Uniti. L'asse portante di questa iniziativa è la Cina. Da Bruxelles si percepisce come la richiesta agli europei di investire di più per la sicurezza del Vecchio Continente e di riequilibrare lo sforzo finanziario per la sicurezza Atlantica siano parte di una questione che esula dalle sole argomentazioni militari, e che la posizione americana non sempre venga pienamente compresa.
Gli Stati Uniti spendono circa il 15% del bilancio militare per la sicurezza dell'Europa e chiedono una maggiore contribuzione degli Stati europei alla loro sicurezza. Assolutamente condivisibile. Nella mia veste di militare, lasciatemi tuttavia evidenziare come, in tutta la storia della Nato, gli Stati Uniti sono stati l'unico paese ad avere invocato l'articolo 5, coinvolgendo tutti gli alleati - e molti Partners - nella lotta globale contro Al Qaeda e il terrorismo. Purtroppo è ben noto come nei numerosi anni di impegno in Afghanistan e in Iraq i paesi europei abbiano pianto oltre 900 soldati un tributo amaro e chiarissima evidenza di una risposta pronta e solidale di tutti gli alleati europei. La Nato non è assolutamente in discussione, e mai lo sarà; mentre lo sono gli equilibri strategici che essa contribuisce a presidiare in maniera cruciale.
Un altro aspetto è la vera - o presunta - crisi del multilateralismo, che la guerra in Ucraina ha messo in luce, costringendo alle corde le Nazioni Unite e ogni altro esercizio di cooperazione multilaterale. All'incontro di Riad del 18 febbraio scorso, gli Stati Uniti e la Russia hanno affrontato il tema della distensione e del ripristino delle relazioni bilaterali in una prospettiva di composizione ad ampio spettro dei reciproci interessi, dall'Europa, all'Artico, al Medio Oriente e al Mediterraneo allargato. I colloqui proseguono e questo è un fatto molto significativo.
È interessante notare che, mentre si parla con sempre maggiore insistenza di un multilateralismo al capolinea, si discute parallelamente di un coinvolgimento delle Nazioni Unite per la creazione di una forza di interposizione in Ucraina, dell'impegno dei "Paesi volenterosi" per la pace in Ucraina, della costruzione di una Difesa europea. Di fatto, oggi come nei decenni trascorsi, il multilateralismo trova la sua vitalità nella volontà delle grandi potenze di comporre i propri interessi in una prospettiva di equilibri globali.
Ci sono volute due guerre mondiali per dare vita alle Nazioni Unite e sarebbe imperdonabile sottostimare l'importanza di tali strumenti in una fase storica così povera di prospettive e soluzioni innovative. Se sarà vera pace in Ucraina non si potrà prescindere da sistemi di monitoraggio e garanzia internazionali tracciati da una cornice multilaterale. Come dicevo prima, non sappiamo ancora dove il pendolo della Storia fermerà le sue oscillazioni e ci auguriamo quanto più vicino a un riequilibrio sostanziale dei rapporti strategici che, a questo punto, avrà certamente una dimensione globale.
Vorrei ricordare l'ammonimento del Presidente Eisenhower nel suo discorso del 16 aprile 1953 "Chance for Peace" che disse: "questo è un mondo in armi ... Questo non è affatto un modo di vivere, in alcun senso legittimo. Dietro le nubi di guerra c'è l'umanità appesa ad una croce di ferro.", ovvero alle armi. La mia speranza è che la fase che stiamo vivendo possa rappresentare un'opportunità per costruire una cornice di distensione delle relazioni internazionali, già sperimentata con successo in alcune epoche del dopoguerra e, quindi, non impossibile da raggiungere anche questa volta”.